martedì 30 giugno 2009

Reginelle con triglie ai finocchi e porri.



L'altro giorno, al largo, un luccichio inargentava il mare. Brillava piano, sulla superficie dell'acqua, e si spostava veloce, rivelando il passaggio di un banco di acciughe, o forse di triglie. Le triglie son pesci poco amati, o forse solo poco conosciuti, ed invece buonissimi. Hanno carattere, un sapore deciso, un'aroma delicato e inconfondibile, un colore vivo ed allegro. Come molti pesci, sono ottime abbinate al profumo intenso del finocchio. Ed è così chee ve le propongo oggi, in una ricetta saporita e veloce.
La foto è brutta, lo so, ma risale ad un corso di cucina che ho tenuto qualche anno fa.


Reginelle con triglie ai finocchi e porri.

Reginelle, g 350
triglie, 4
finocchi 1
porri 2
burro 1 noce
aglio 2 spicchi
finocchietto selvatico ( o barbette di finocchio)

Scaldare in padella olio ed aglio senza soffriggerli, unire un rametto di finocchietto e le triglie. Rosolarle su ambo i lati, bagnarle appena con un dito di vino bianco e togliere dal fuoco. Sfilettarle. Tenerle in caldo.
Nel fondo di cottura rosolare i finocchi tagliati a listarelle.Salare.
Coprire e lasciar cuocere qualche minuto.
In un'altra padella rosolare a fiamma bassa i porri in poco burro e olio.Salare. Coprire e stufare
Cuocere le reginelle e scolarle al dente. Versarle nella padella dei finocchi e far saltare.
Disporre al centro dei piatti i porri stufati, coprire con la pasta e decorare con una triglia e un rametto di finocchietto.

lunedì 29 giugno 2009

Pranzo in spiaggia: l'insalata di Bahia.



Ho la fortuna di trascorrere parte delle vacanze estive nella casa della mia famiglia, in Riviera; ve ne ho già parlato qui.
Ogni giorno, tempo permettendo, pranziamo in spiaggia. E ogni giorno si ripropone l'eterno dilemma:cosa porto per pranzo? quando devi sfamare 4 ragazze, ognuna delle quali, spesso, invita amici, la cosa si fa problematica: mica si accontentano di un toast! E così, via a torte salate, polpettoni, insalate di riso o di pasta. Uno dei piatti che più ha successo è questa fresca insalata, che ho mangiato la prima volta proprio nella seduttiva, misteriosa e luminosa Bahia. Anzi San Salvador de Bahia, moltissimi anni fa, su un'assolata terrazza a picco sul mare, sotto un ampio ombrellone bianco! Certo ho sostituito l'olio di dendé, con cui era condita, con l'olio extra vergine di oliva della mia Riviera, ma il risultato è sempre fresco, profumato e molto molto piacevole.
In più, cosa altrettanto piacevole, prepararla è davvero rapido e facilissimo!

Insalata di Bahia.




Insalatina dolce (o una busta di insalata pronta)
12 gamberoni
1 scatola di mais biologico al naturale
1 scatola di cuori di palma
succo di limone
olio
sale
pepe bianco di mulinello


Lessare i gamberoni in acqua bollente, salata ed acidulata con il succo di mezzo limone. Scolarli dopo due minuti. Sgusciarli. Metterli in una insalatiera ben fredda e condirli con olio, sale e succo di limone. Farli raffreddare. Unire il mais e i cuori di palma tagliati a rondelle.
Pulire l'insalatina. Unirla al resto degli ingredienti e mescolare bene, aggiungendo olio e succo di limone a piacere. Terminare con una macinata di pepe bianco.

domenica 28 giugno 2009

Genova e il Pride.



Ieri sono stata al Pride. A Genova. Ci sono andata perché la mia figlia più grande organizzava, con i suoi compagni di partito, uno dei carri a tema.
Poi perché le cose che ti succedono vicino, sotto il naso, praticamente, non puoi mica far finta di non vederle.
Poi perché volevo un po’ vedere di persona se il Pride è davvero quell’insieme di tette finte, volgarità e immagini shockanti che ci regalano, ogni anno tg e quotidiani.
E non lo è.
Ieri a Genova è stata una festa: di colori, di suoni, di canti, di chi voleva ricordare che ognuno ha diritto di amare a suo modo, di essere felice come può e come sa. Senza far male a nessuno. Ma ha diritto alla ricerca della sua felicità.
E il corteo gioioso, allegro, monello e scanzonato di ieri l’ha ricordato a tutta la città. E la città c’era. Vi assicuro che ero così felice, così orgogliosa della mia città, che ha risposto così serenamente, così affettuosamente, così civilmente ai tantissimi che sono venuti da tutta Italia.
Eravamo tanti, nelle vie di una Genova pulita e luminosa, nonostante qualche nuvola ed anche qualche goccia, rara, di pioggia. Eravamo tanti, ai bordi delle strade, sui larghi marciapiedi delle piazze, nel corteo, mescolati, diversi tra i diversi, uguali nella voglia di sorridere, cantare e sperare in un mondo dove tutti possano cercare i loro spazi di felicità.



C’era la cosiddetta “società civile”, ieri, in strada. C’erano famiglie tradizionali e famiglie gay, c’erano giovani,bellissimi, tantissimi, una fiumana: e questo riempie il cuore di speranza. C’erano anziane signore, allegre e scanzonate. C’erano professoresse di Liceo e professori dell’Università. C’erano medici ed impiegati del Comune.C’erano sacerdoti illuminati, c’erano signori distinti. C’erano politici, parecchi, mescolati tra la folla. Qualcuno ha scritto: “il sindaco era solo, sul palco”. E meno male! Nessuno ha voluto che questa giornata diventasse un palcoscenico personale. Il sindaco, davvero bravissima, ha salutato a nome di tutta la città, quella che c’era e quella che aveva preferito non esserci. Ed ha ribadito la volontà di Genova di diventare città dei diritti.
I giornalisti presenti fotografavano, spintonandosi, le poche tette finte, i travestimenti e gli atteggiamenti audaci. Io e molti altri abiamo fotografato tutto il resto!
A metà della sfilata, i ragazzi del carro, amici di mia figlia, mi hanno invitata, tra canti e risate, a salire con loro: e da lassù la città era colorata e multi-tutto: multietnica, multisessuale, multicolore.
Era una città bellissima, una città in cui, spesso, è bellissimo vivere.
Ieri sono stata al Pride. A Genova. Meno male che non l’ho perso!!









venerdì 26 giugno 2009

Meduse. E Zuppa di Ajo blanco



Sono al mare con le mie figlie, due. Una è la mia secondogenita, l'altra la mia "figlia temporanea", venuta da lontano. La terza, che sarebbe la mia primogenita, è grande, va e viene dalla città, presa da molti interessi e mille responsabilità. La quarta, la più piccola, anche lei originaria di quel paese lontano, quest'estate non è potuta venire da noi.
Sono al mare, ma il tempo è inclemente. Una cappa nuvolosa e umida, che non impedisce alle ragazze tuffi in un mare piombigno, scansando sciami di meduse depresse e suicide. Mi scuserete se, in questi ultimi giorni, frequento poco il blog, e la rete in generale. Un po' per le figlie a tempo pieno, un po' per la caduta di adrenalina che portano con sè i primi giorni di vacanza: una sorta di ebetitudine, di voglia di fare assolutamente nulla. Di cucinare poi, ma neanche un uovo sodo! che, si sa, si fa da solo.
Quando ho deciso di aprire il blog, però, mi ero ripromessa di non marinare (da queste parti si dice così, altrove è bigiare o fare sega o bossare), insomma di non saltare gli appuntamenti con queste pagine. E così oggi metto qui una ricetta di una zuppa estiva che mi piace da morire. L'ho assaggiata la prima volta a Madrid, qualche anno fa, in occasione di un viaggio in una Spagna bellissima e vitale. Mia figlia grande - eh lo so, ma che ci volete fare, io le adoro le mie figlie, e spesso parlo di loro..se vi annoio ditelo, eh! - mia figlia grande, dicevo, viveva ad Alicante per il suo anno di Erasmus e, durante le vacanze di Pasqua, ci siamo concesse un viaggio di famiglia attraverso una Spagna fiorita e grandiosa.
E a Madrid ho mangiato questa zuppa fredda, profumata e deliziosa. Potete gurnirla, come qui, con cubetti di melone gelato, oppure con acini d'uva bianca spellati, con mandorle ridotte a lamelle, ecc. Servitela molto fredda: sarà un successo.



SOPA DE AJO BLANCO




250 gr. pane bianco raffermo

acqua tiepida per ammorbidire il pane

150 gr. Mandorle pelate

3 spicchi d'Aglio

1,5 l. acqua fredda

200 cc. Olio d'oliva

Aceto qualche goccia (facoltativo)




Ammorbidite il pane in acqua tiepida. Frullare molto bene le mandorle con l'aglio e un poco di sale. Strizzate il pane ed unitelo alle mandorle continuando a frullare bene, in modo da ottenere un impasto cremoso. Continuando a frullare, unite l'olio a filo – come se fosse una maionese – e poi, se piace, un po' d'aceto ma solo poche gocce. Quando gli ingredienti saranno completamente amalgamati unite poco a poco l'acqua molto fredda, in modo da avere una crema morbida. Non è necessario aggiungere tutta la quantità : regolatevi a piacere con la consistenza.

Va servita molto fredda.

martedì 23 giugno 2009

Montecristo n°4 e cigarillos di pescatrice.



Dicevo ieri della foto del Che, sulle pareti delle camere dei nostri figli. E pensavo a quella foto, e mi chiedevo cosa di lui, del suo esempio, della sua vita, cosa di lui, quindi, è così forte ancora oggi. A 42 anni dalla sua morte. Quarantadue anni sono una vita intera. Il mondo è diventato un altro, o forse no, in questi anni. C’è internet, voliamo qui e là per il mondo come mosche impazzite, ci sono satelliti, tv private, cellulari…il mondo è cambiato completamente, o forse no, in questi quarantadue anni.
Eppure sui muri delle camere dei nostri figli, accanto alla bandiera della squadra del cuore, accanto al biglietto del cinema in cui hanno dato il loro primo bacio, accanto alle scarpette di danza di quando han messo le punte la prima volta, accanto alla foto del cantante bello con i suoi fratelli, c’è lo sguardo fondo e bruno, un po’ di sorriso, appena appena, il ciuffo ribelle, il basco con la stella.
Dopo quarantadue anni.
Ma cosa ha ancora da dire, dopo tanto tempo, a giovani così diversi da quelli di allora?
Forse che un altro mondo è possibile, ma bisogna faticosamente conquistarselo.
Forse che vale milioni di volte di più la vita di un solo essere umano che tutte le proprietà dell'uomo più ricco della terra.
Forse i nostri figli vorrebbero chiedere a se stessi molto più di quello che noi chiediamo loro: vogliono impegno, onestà, rigore, fatica, durezza:

Bisogna essere duri senza mai perdere la tenerezza.
Il fascino infinito del Che, oggi, è fatto di candore, di pulizia morale e assoluta dedizione. Ai valori, agli altri.
Ernesto Guevara scriveva Dicono che noi rivoluzionari siamo romantici. Sì, è vero, ma lo siamo in modo diverso, siamo di quelli disposti a dare la vita per quello in cui crediamoE in una lettera ai figli, che ha la forza e la grazia di un testamento d’amore, diceva:

Soprattutto siate sempre capaci di sentire nel più profondo di voi stessi ogni ingiustizia commessa contro chiunque in qualsiasi parte del mondo: è la qualità più bella di un rivoluzionario.


E’ la qualità più bella in un essere umano, quella di sentirsi fratelli gemelli del mondo intero: se qualcuno sta male, ovunque, starò male anch’io. Se qualcuno è infelice, ovunque, non posso sentirmi felice, io.

Dalla parete della camera di mia figlia, il Che fuma un sigaro. Montecristo n.4.





Cigarillos di pescatrice




200g pescatrice pulita
Pasta fillo
Zenzero, un pezzetto
Aglio 1 spicchio,
lime 2
sale
olio per friggere
semi di sesamo (facoltativi)


Tagliate la pescatrice a bastoncini e metteteli a marinare nel succo di lime, con l’aglio e lo zenzero tritati e poco sale. Lasciarli in frigo ca. mezz’ora.
Scolateli dal liquido della marinata e sgocciolateli bene.
Avvolgete ogni bastoncino di pesce in un quadrato di pasta fillo, fermando bene i bordi. Appena saranno tutti pronti, friggeteli in olio caldissimo per pochi minuti. Se volete potete poi cospargerli con un po’ di semi di sesamo.

lunedì 22 giugno 2009

Sirene.



Oggi è estate. Anzi veramente è cominciata, ufficialmente, ieri. Ma ieri era stranamente freddo, burrascoso: un tempo settembrino.
Vorrei raccontare storie gentili,oggi. Storie saline e solari, storie di salicornie e conchiglie di madreperla. Storie di gabbiani, stridenti di ebbra felicità. Storie di sirene dalle squame rilucenti e sguardi d'oceano profondo.
Ma lo sguardo che ho davanti è quello di una sirena ferita a morte, in un paese lontano. E che da lontano manda mute grida disperate, manda la richiesta di verità e giustizia. E' lo sguardo di una ragazza iraniana di 16 anni, scesa in piazza a dire: vorrei un po' di verità e trasparenza nel mio Paese.
E poi gli sguardi, un po' vacui, di ragazze del nostro Paese, ferite da ideali piccini, da progetti di vita meschini - veline, meteorine, letterine - la cui aspirazione è fare immagine, mostrare il corpo (a uno, a molti), spegnere cervello e dignità. E gli sguardi, osceni e rapaci, di uomini potenti che giocano ad achiapparella: farfalle luccicanti a nascondere le pieghe crudeli di una vecchiaia laida, che non è operosa senectude, ma sordida senescenza, ebbra di potere.
E vorrei prendere le mie figlie e portarle lontano, in un luogo dove ci sia il rispetto per la dignità, l'amore per il sapere, il garbo gentile della cultura, il sorriso dell'eleganza, il piacere della verità, l'equilibrio stabile della legalità.
Poi capisco che questo luogo lontano è il mio Paese, che è qui che io devo cercare. Che gli occhi aperti di Neda, sirena iraniana scivolata, con la sua coda argentea, per le strade di Teheran, mentre chiedeva " Dove è il mio voto?", accanto al padre sgomento, quegli occhi devono essere una luce guida.
L'immagine da appendere nella camera dei nostri figli, delle nostre figlie, accanto alle scarpette di danza, accanto al Che e ai biglietti del cinema, alla linguetta della bibita estiva, alla chitarra appoggiata alla parete.
Basta lasciare i nostri ragazzi per ore soli di fronte a spettacoli oscenamente avvilenti e degradanti: tronisti, veline, spogliarellisti quotidiani del rispetto di sé!
Non posso parlare di conchiglie e salicornie, oggi.
Non posso dire, questo cibo è così.
Vado a stringere tra le braccia le mie figlie, forte.
E cerco di portarle lontano, oggi. Qui. A imparare che un mondo diverso è possibile. Bisogna lavorare per costruirlo.

venerdì 19 giugno 2009

Senza nostalgia. Torta di cocco e banana.



Questa è una torta di mancanze, ma non di nostalgie.
Da un po’ di tempo, sui vari blog di questa rete di goduriosi mangerecci, si inseguono ricette, piuttosto simili, in verità, di torte di cioccolato dal cuore di cocco.
E la mia cucciola ne mangerebbe a tonnellate, ma non può. Perché il cioccolato è vietato a chi ha i calcoli ai reni, e lei, nel suo piccolo, potrebbe metter su una bancarella di sassolini misti.
E allora niente cioccolato. Ma come si fa una torta al cioccolato e cocco, senza uno degli ingredienti principali? A noi non piace la nostalgia, il rimpianto, che è tristezza e un po’ compianto. Così, olè, sostituiamo l’ingrediente. Tanta vaniglia, che con il cocco è una delizia.
Imburro la teglia, peso zucchero e farina, sguscio le uova… ne servono cinque. Ecco, ne ho solo quattro! Altra mancanza, altra assenza.
Pazienza, si cambia. Ho letto da qualche parte (benedetta rete di goduriosi mangerecci!)che una banana può sostituire degnamente l’uovo. Via che si prova!

Torta al cocco e banana.



Latte 50g
Yogurt 100g
Farina 200g.
Fecola 100g.
Zucchero 150g.
Burro 150g.
Uova 4
Vaniglia 1 stecca
Lievito 1 bustina

Per il cuore:
cocco 150g
zucchero 130g.
panna liquida, 50g
banana 1
lievito 1 cucchiaino

Aprire la bacca di vaniglia, recuperare i semini con un coltello e scioglierli nel latte Unire anche la “buccia” della vaniglia e scaldare in un pentolino. Levare dal fuoco, filtrare e unire lo yogurt. Far sciogliere dolcemente il burro, meglio a bagnomaria.
Montare nell’impastatrice, o con le fruste elettriche, le uova con lo zucchero.
Unire il latte e yogurt , continuando a montare, poi il burro.
Unire le due farine, setacciate con il lievito, mescolando dal basso in alto per non smontare il composto.
Per il cuore:
frullare la banana con la panna, unire il cocco e lo zucchero con il lievito.
Versare metà composto di base in uno stampo imburrato e infarinato. Disporre con una spatola il cuore di cocco e banana, poi coprire con il rimanente composto.
Infornare a 190° per ca. 50 minuti.
Decorare a piacere, una volta freddata.

Ancora francobolli. Pennette ceci e spada.




C'è caldo. Non si ha voglia di cucinare a lungo, magari davanti ad un forno bollente. Non so voi, ma a me fanno piacere piatti veloci, saporiti, magari piatti unici, golosi ma non troppo elaborati. Sapori decisi. E questa pasta - e i primi sono la mia passione! - è proprio così:veloce nell'esecuzione, morbida e appetitosa, croccante per il sesamo, appena appena agra per la buccia di limone. Questa è stata proposta calda, ma è davvero buona anche consumata fredda. Ottima nei pic nic.
La foto è terribile. Ma è stata scattata molto precariamente, rapidamente, malamente, in condizioni piuttostto critiche, per cui spero di essere perdonata.



Pennette ceci e spada


Pennette (o altra pasta formato corto) 300g
Pesce spada ca. 250g
ceci lessati 200g
aglio
un ciuffo di rosmarino
sesamo nero ca. 2 cucchiai
brodo vegetale
buccia di limone

olio e.v.o., sale, pepe bianco di mulinello.

Mettete s cuocere la pasta.
Tenete da parte due cucchiaiate di ceci lessati e frullate i rimanenti, con un mestolino di brodo vegetale, ottenendo una salsina semidensa.
Saltate in padella il pesce spada, ridotto a dadi, con un filo d'olio, sale e un trito d'aglio e rosmarino
Unite i ceci lasciati da parte.
Versate le pennette nella padella e saltate velocemente con il sughetto, mantecando con la crema di ceci.
Servite, cospargendo la pasta con il sesamo nero,una bella grattugiata di buccia di limone. Rifinite con un filo d'0lio e.v.o e una grattatina di pepe bianco di mulinello.

giovedì 18 giugno 2009

Francobolli per l'estate. Gazpacho e polpettine piccanti




Continuo con le ricette lampo, francobolli per i buffet d'estate, dritti dritti dalla cena dell'altra sera.
Questo piatto necessita davvero di poco lavoro, ma è stuzzicante, saporito e colorato, cosa che sulle tavole estive è molto piacevole. Presenta interessanti contrasti, il fresco-agro delle verdure , il caldo-piccante della carne, il salato, il croccante...insomma un misto di sapori e consistenze davvero gradevoli. E visto che, come al solito, son più lunghe le chiacchiere della ricetta (e che io dovrei già essere in auto diretta a Milano), eccola qui.

Gazpacho con polpettine piccanti


200g carne tritata mista(maiale,vitello)
1 uovo
prezzemolo tritato
spezie (cumino,curcuma,zenzero...)
pane grattugiato
olio per friggere
sale, pepe

1 peperone verde dolce
2 pomodori molto sodi
1 cipolla di Tropea
olio, sale, pepe, succo di limone o aceto.


Pulire e tritare a coltello, pittoso grossolanamente, le verdure; metterle in una ciotola e condirle con sale, pepe e un po' di succo di limone (o aceto se vi piace di più).
In un'altra ciotola riunire la carne trita, l'uovo e le spezie che preferite (indispensabli a mio avviso, cumino e curcuma, poi fate voi, secondo ciò che più vi piace). Salate, pepate, formate delle polpettine, passatele nel pane grattato e friggetele in abbondante olio.
Suddividete il gazpacho di verdure nei bicchierini monoporzione, infilate le polpettine calde a due a due sugli spiedini e decorate i bicchieri, portando subito in tavola.

mercoledì 17 giugno 2009

I Liuk, ghiaccioli per una calda estate.




Il tempo è brutto. Caldo, umido, nuvoloso. Ma il calendario ci racconta un'estate vicina. E noi ci crediamo. La aspettiamo sorridendo, pazienti. Pronti. E l'estate è gelati, frutta fresca. Ghiaccioli. E per molti i ghiaccioli più buoni, quelli dell'estate di un'adolescenza non lontana, sono i Liuk: un po' cremosi, "pizzichini";si squagliavano in bocca, lasciando gelido il palato, frizzante la lingua, nere le labbra e le dita per il bastoncino di liquerizia. E questi sono i Liuk che ho fatto recentemente e di cui metto volentieri la ricetta, presa da V.Lapertosa, Finger Food, ed. Gambero Rosso


I Liuk, ghiaccioli al limone.


Ingredienti per 12 ghiaccioli

3 limoni
3 lime
100g zucchero
1/2 l. Schweppes al limone
12 bastoncini di liquirizia


Sciogliere lo zucchero con 100g di acqua minerale e portare ad ebollizione lo sciroppo. Far raffreddare. Spremere il succo dei limoni e filtrarlo, unirlo allo sciroppo di zucchero e alla Schweppes e mescolare. Versare il liquido in 12 stampini di acciaio, o in bicchierini di carta, e mettere in congelatore. Quando saranno parzialmente congelati, inserire i bastoncini di liquirizia e rimettere in cngelatore fino al completo indurimento dei ghiaccioli.
Con l'aiuto di un coltello a lama liscia, sformare i ghiaccioli e servirli su fettine di lime.

martedì 16 giugno 2009

Ininterrottamente ( ovvero, di come cucinare per tre giorni, e dormirne due)



Quando ho aperto questo blog, due mesi fa, mi ero ripromessa di scrivere con regolarità, almeno durante i giorni lavorativi, ed invece manco ormai da una settimana..
Ma allora, quando ho aperto questo blog, intendo, non immaginavo certo che avrei accettato la richiesta di un’amica di aiutarla a preparare una cena speciale per un gruppo di amici importanti..
E che avrei cucinato, praticamente senza interruzione, per tre giorni di seguito!
Come è andata? Praticamente così….
Martedi della settimana scorsa ci siamo occupate di recuperare piatti, bicchieri ciotole, coppette, che, fasciate e inscatolate, han lasciato la mia casa per quella della mia amica. Ciò che mancava ad entrambe, è stato comprato, in una missione speciale all’Ikea. (Ho steso tre o quattro elenchi di cose da fare e di come farle. )
Mercoledì spedizione al Mercato Orientale, lista chilometrica della spesa in mano, poi shopping forsennato in centro, al recupero delle ultime, assolutamente necessarie, stoviglie: bicchieri da martini in appoggio di servizi decimati, cupole per alzatine, da tempo frantumate ecc. (Ho steso altre liste e riorganizzato quelle del giorno precedente.)
Giovedì primo approccio ai fornelli: cucinati 50 panini al nero di seppia, 50 cannolini(che ho poi surgelato, 170 mini baci di dama salati (Compilato altri elenchi: di oggetti necessari, di tempi di preparazione, di cose da fare)
Mando la figlia piccola al mare dalla nonna, lei ha finito la scuola! Nel pomeriggio vado da un'amica generosa, per il prestito di alcuni utensili mancanti e suggerimenti vari.Più chiacchiere immancabili!
A sera molto tardi, la mia figlia maggiore torna a casa con un problema : deve partire per lavoro la mattina seguente, praticamente all’alba, per Roma con il fidanzato: hanno il biglietto aereo, ma non la prenotazione in hotel. La mando a dormire e cerco un hotel: spengo il computer, che ha fatto il matto per ore, con connessione a singhiozzo, e la luce alle quattro e mezza del mattino. Alle sei suona la sveglia!
Venerdi, dopo aver risolto alcune quisquilie, tipo partenza della figlia (con accompagnamento in aeroporto), licenziamento della collaboratrice domestica (o mioddio e ora??) ed aggiustamento della lavastoviglie, opportunamente rottasi in un momento così! ( ma l’ho aggiustata da sola, e mi sono pure congratulata con me stessa!) ho messo nel vino le uova (poi ubriache) per la caponatina, preparato le olive al Martini, poi volata a comprare il sifone (il mio si era rotto, normale, no?) per la spuma all’arancia. Nel pomeriggio sono andata a casa della mia amica, Riviera di Ponente, a preparare ciò che non sarebbe stato poi possibile trasportare:i Liuk, ghiaccioli al limoni con bastoncini di liquerizia, i bicchierini di ricotta, zucchini e caprino, il Negroni solido, le coppette di crema cotta al cocco, la spuma all’arancia.
A sera, sono tornata a casa e ho continuato a cucinare: la brandade di stoccofisso, i ripieni delle miniquiches, la caponatina, il purè di patate viola, la zuppa di Ajo blanco, il semifreddo all’ananas. Intanto nel forno si disidratavano le fette di ananas, guarnizione del dolce. ( Ho spuntato alcune voci da varie liste)
Ho spento alle due e mezzo.
Sabato alle sei e mezza mi sono alzata: caffè veloce, poi ho infornato 48 mini quiches, ai porri e senape e agli asparagi e scalogno.
Ho preparato hummus e melitzanosalata, le due mousse ( prosciutto con Marsala e mortadella con pistacchi) e le bucce di limone caramellate per i gamberi. Sono volata dal parrucchiere (sembravo Maga Magò, avete presente?) . Al ritorno ho chiamato la mia amica per un aiuto nel trasporto: due enormi sacche termiche per i surgelati( semifreddo, panini, cornetti) e per gli alimenti che avrebbero sofferto nel viaggio. Poi scatole e sacchetti vari. Teglie e utensili. Due frullatori potenti. (Ed elenchi vari)
Arrivata a casa della mia amica, preparavo le polpettine piccanti, il gazpacho, il grano in taboulè, il pollo marinato. Alle sei del pomeriggio è arrivata Sol, un'amica di mia figlia, che si è prestata a servire al buffet e a dare una mano. Il lavoro procede spedito: riempiamo i cannoli con la mousse, accoppiamo i baci di dama, terminiamo le ultime pietanze. Arrivano gli ospiti. Preparo i bicchieri di Negroni solido, fettina d’arancia, spuma…và in sala. Accidenti, mi sono dimenticata di fotografarla!!!
Mentre gli ospiti emettono urletti di stupore-delizia in cucina il lavoro prosegue: si friggono le polpettine piccanti, si cuociono i gamberi, si montano i piatti. L’acqua della pasta bolle, via! Veloce in padella, pesce spada e ceci, ..tutto fila (quasi) liscio..mi ustiono un braccio togliendo una teglia da un forno altissimo ( forse sono io che sono un po’ nana!), alcuni Liuk hanno il bastoncino di liquerizia inclinato, uso tutti i frullatori e parecchie maledizioni per montare il semifreddo in una spuma invitante, ecc.
A mezzanotte esce l’ultimo piatto, il dessert finale.
All’una e mezza sono a casa, dopo aver accompagnato Solange.
Mi ricordo d’un tratto che, tranne i doverosi assaggi per eventuali correzioni, non mangio un pasto completo da giovedi sera.
Sono stanca, no stanchissima. Domenica mattina ho un mal di testa fulminante. La mia amica mi telefona per dirmi che la cena è stata un successo, gli invitati felici e soddisfatti. Decido di riposarmi ancora un po’, approfittando dell’assenza di figlie e cane (nella casa al mare con la figlia)
Mi rialzerò dal letto, a stento, solo lunedi mattina.
E’ andato tutto bene, ma non credo che ripeterò presto l’esperienza!
Questo è stato il menù, fotografato solo in parte, purtroppo, e piuttosto male:



Negroni solido
Palline di caprino con granella mandorle,limone e zenzero
Olive al Martini
Miniquiches senape e porri, e asparagi scalogno
Hummus e Melitsanosalada
Baci di dama salati con mousse di prosciutto al Marsala Vergine ‘98 Florio
Panini al nero con brandade di stoccafisso

Cannoli di sfoglia ripieni di mortadella

Bicchierini di ricotta , zucchini e menta
Gazpacho con polpettine piccanti

Gamberi con patate viola

Insalata di grano con spiedini di pollo allo zenzero
Zuppetta di Ajo blanco con dadini di melone ghiacciato.
Caponatina con uovo ubriaco

Pennette ceci e spada


Ghiaccioli al limone con bastoncino di liquerizia (Liuk)

Crema cotta al cocco con semifreddo di ananas

martedì 9 giugno 2009

Una ricetta Equa e Solidale

Alex Zanotelli è un padre comboniano.
Padre Alex Zanotelli è un missionario comboniano che ha vissuto per 12 anni nella baraccopoli di Korogocho in Kenya, dove sono i più poveri fra i poveri, i più esclusi fra gli esclusi.
E a Korogocho Padre Zanotelli viveva come i poveri e gli esclusi.
Attualmente è rientrato in Italia, ha scelto di vivere in un quartiere popolare di Napoli, e si impegna nell'animazione di gruppi, comunità e associazioni in tutta Italia.
Leggere i suoi libri è un'illuminazione: è accendere la luce e vedere distintintamente le cose che si sono pensate, avvertite, da sempre. E' quasi una grazia, la certezza di una speranza.
In I poveri non ci lasceranno dormire, ed.Monti, euro 9 scrive:

Il peccato più grave della nostra società è di lasciarsi andare ad un senso di impotenza che sembra aver contagiato tutti. Smettiamola di dire che non possiamo far nulla per cambiare le cose. Se dividiamo i nostri giorni con questo sistema, è perché lo sosteniamo. E comunque tutti viviamo di contraddizioni! Non sono un motivo sufficiente ad abbandonare la lotta.
Quindi, ora tocca a noi: abbiamo una forza immensa, e possiamo farla valere!

Dobbiamo rispondere ora al sistema, sfruttando le nostre potenzialità.

Prima di tutto ricordiamoci che il potere è dell’economia. Questo è essenziale. Ricordiamoci che non sono i politici a decidere: perché a fare le scelte è l’economia. E’ l’economia che decide.

In secondo luogo, se volete riuscire a leggere la realtà in modo critico, è necessario fare prima silenzio. Coloro che credono e coloro che non credono, tutti, di qualunque opinione politica siate, trovate il tempo di fermarvi a riflettere, in montagna, in un monastero, dove volete, da soli o col marito, la moglie, il compagno. Se ognuno di noi riuscisse a realizzare un po’ di silenzio, trovando la pace per guardare intorno, prenderebbe coscienza della follia collettiva e generalizzata nella quale è immersa la nostra vita quotidiana, e vedrebbe la realtà con occhi diversi. Provate ad applicare queste semplici regole nelle scelte quotidiane, ed avrete un cambiamento radicale del vostro stile di vita.

Dobbiamo anche imparare a consumare in modo più attento e critico. Il vero voto, infatti, non è quello politico che daremo quando i potenti di turno ci chiameranno alle urne, ma quello che diamo quotidianamente quando ci rechiamo al supermercato.

Dobbiamo conoscere meglio ciò che compriamo, procurarci le informazioni relative ai diversi prodotti: un ananas che, ad esempio, arrivi dall’Africa, potrebbe essere stato confezionato fa multinazionali che attuano scelte commerciali sfavorevoli alle colture locali, e non assicura agli operai uno stipendio giusto; un giocattolo per il vostro bimbo, potrebbe essere prodotto da altri bambini, quelli tailandesi, che lavorano quindici ore al giorno e sono sottopagati. Comprando l’ananas o quel giocattolo, voi consumatori contribuireste al processo di sfruttamento in atto.
E’ fondamentale che i consumatori riescano ad unire le proprie forze, diventando così abbastanza influenti da spingere verso un cambiamento del sistema. E badate che le multinazionali, apparentemente invincibili, hanno in realtà un terrore dei consumatori organizzati.

Siamo chiamati quindi a fare scelte molto personali. Ma anche le famiglie hanno strumenti per realizzare comportamenti più equi.

Noi abbiamo questo potere. Ce la possiamo fare perché è in ballo l’umanità, è in ballo la vita.



Per la mia famiglia compro abitualmente riso, caffè, cioccolata e moltissimi altri prodotti, solo se so che, così facendo, non reco danno ad altre famiglie, sfruttate per la raccolta, imbrogliate sul peso del prodotto, truffate sui salari.

E quindi, oggi, vi lascio una ricetta buona, semplice in fondo, legata alla tradizione, con un ingrediente importante, un prodotto del Commercio Equo e solidale.



Caponatina con uovo ubriaco



200 g cavolfiore o broccolo
200g sedano
1 grossa cipolla di Tropea
400 g melanzana (meglio le liscie lunghe)
50 g olive verdi
10 uova di quaglia
1 cucchiaiata di capperi salati
2 cucchiai di zucchero
50g cioccolato di Modica dei prodotti Equo e Solidale
un ciuffo di menta fresca
vino rosso robusto q.b.
aceto 1/2 bicchiere
olio per friggere, sale.



Far rassodare le uova. Togliere qua e là qualche pezzettino di guscio. Metterle in una ciotola, coprirle con il vino rosso e lasciarle coperte per 36 ore.
Tagliare le melanzane a fette, lasciarle spurgare sotto sale per un paio d'ore, poi ripulirle, asciugarle con carta e tagliarle a tocchetti.
Mondare e sbianchire il cavolfiore, diviso in cimette, e il sedano tagliato a tocchetti.
Affettare le cipolle.
Scaldare abbondante olio in una pentola capace e friggere leggermente tutte le verdure, poche alla volta, ponendole poi ad asciugare sull'apposita carta.
Caramellare leggermente lo zucchero in un'ampia padella, unirvi le verdure e farle saltare rapidamente, unendo le olive e i capperi dissalati.
Sfumare con l'aceto, salare e spegnere dopo 2 minuti.
Lasciare almeno 6 ore a riposare in un recipiente di coccio.
Suddividere la caponatina nei recipienti individuali, unire l'uovo di quaglia sgusciato e guarnire con pezzettini di cioccolata modicana ( io ho usato quella al paparoncino, una vera bontà!).

domenica 7 giugno 2009

Pina colada destrutturata




In questa domenica "un po' così", con un sole insicuro, un vento dispettoso e le nuvole impigliate nei monti qui dietro, cerco di sopire l'irritazione di un sabato negativo, quasi, fino a sera. Il computer ammalato di virus maligni, il mio DB di ricette pesantemente mutilato,un malessere diffuso dovuto al maltempo...poi, invece, una serata deliziosa, con un'amica e le nostre figlie, a cena in un ristorante piacevole, a Nervi, luogo di pace e di grande bellezza.
E oggi, come pegno e ringraziamento, vi lascio un dolce buono, per coccolarvi un poco, un dolce che è nato a gradi, e che la figlia grande, assangiandolo, ha chiamato


Pina colada destrutturata



Per la pannacotta al cocco:

250 g panna
250 g latte di cocco
80 g zucchero
8 g colla di pesce


per il semifreddo di ananas:

500 g ca ananas pulito
70g albume d'uovo
140 g zucchero


per il "ghiaccio" di rum

200 g rum scuro
1 bacello di vaniglia
1 cucchiaio di zucchero
1,5 fogli di colla di pesce



Panna cotta al cocco.

Mettere a bagno in acqua fredda i fogli di gelatina.
Scaldare in un pentolino il latte di cocco e la panna, unire lo zucchero, sciogliere bene. Unire la gelatina ben strizzata e amalgamare bene fino a completo scioglimento. Suddividere nei bicchieri individuali e riporre in frigo almeno 4 ore.

Semifreddo.

Frullare l'ananas fino ad ottenere un purè.
Con lo zucchero e gli albumi preparate una meringa italiana:
mettete 100g zucchero in un pentolino con poca acqua, ca 30g. solo per sciogliere lo zucchero. Quando raggiunge i 110° cominciare a montare gli albumi ad alta velocità con gli altri 40 g di zuchero.
Appena lo sciroppo nel pentolino raggiunge i 116° versare a filo lo zucchero bolente con le fruste in movimento. Montare fino quasi al completo raffreddamento.
Appena fredda, unirla delicatamente al frullato di ananas e mettere in congelatore, per almeno 4 ore.

"Ghiaccio" di rum

Mettere a bagno in acqua fredda i fogli di gelatina
Scaldare il rum in un pentolino, unire i semi del bacello di vaniglia e il bacello stesso.Unire anche il cucchiaio di zucchero. Far sciogliere bene. Togliere dal fuoco. Estrarre il bacello. Unire la gelatina ben strizzata. Mescolare bene e versare in una teglia bassa, in modo che si formi uno strato di ca. 1 cm.

Montaggio.

Estrarre le coppe di panna cotta.
Frullare ad alta velocità il semifreddo, poi unirne alcune cucchiaiate sulla panna cotta.
Tagliare il "ghiaccio" di rum a pezzettini e distribuirlo sulle coppe

giovedì 4 giugno 2009

Quando i discepoli superano (e di molto) i maestri.




Qualche tempo fa, sul food blog più famoso d'Italia si è aperto un concorso di ricette per picnic.
Moltissime sono state le adesioni, seguite da febbrili invii e poi da trepide attese. Oggi è arrivato il verdetto.
Inutile dire che questi non hanno vinto.
Ma la bella sorpresa è che invece menzione d'onore è stata assegnata ad una ricetta della mia bambina!!! Si si, proprio la mia bimba più giovane, che , curiosa e spesso complice dei miei esperimenti culinari, ottima food fotografa, aveva partecipato con una ricetta imparata, e spessissimo cucinata, a Malta, in un campo estivo del WWF.
Mi inchino ad una piccola grande cuoca e lascio a Lei l'onore di commentare la sua vittoria e descrivere la sua creazione.



Davvero non so da che parte cominciare... questa è semplicemente la ricetta della mia estate a Malta con il WWF.
E' stata una vacanza bellissima, fatta di mare, di sole e di risate, in un posto meraviglioso, dove ho incontrato amici allegri, simpatici, divertenti.



Alloggiavamo in una grande tipica casa in pietra, con una piscina ed un fresco cortile, in cui la sera cenavamo tutti insieme. Gestivamo noi ragazzi la casa, divisi in gruppi di corvée, guidati da alcuni accompagnatori giovani e simpaticissimi. Facevamo la spesa, pulivamo e cucinavamo noi.
Spesso nei negozi o per le stradine di Gozo, l'isola su cui abitavamo, incontravamo i "locali" che ci davano, rigorosamente in inglese, anzi nell'inglese di Malta!, consigli e idee per le nostre cene. E questa è proprio una ricetta tipica dell'isola. La preparavamo spesso nella grande cucina, mentre dalla radio posata sul davanzale dalla finestra, usciva la musica a volume incredibile! E' stata un'estate indimenticabile. E' stata l'estate del mio primo bacio.
Francesca




Torta Maltese

1 rotolo di pasta sfoglia



2 grosse patate gialle
1 grossa cipolla
10 olive
1 pugno di capperi
1 melanzana tonda
1 vasetto di tonno sott’olio
2 acciughe salate
2 pomodori
2 ciuffi di menta fresca
Sale, pepe, olio extra vergine.

In una teglia, rifasciata di carta forno, stendere la pasta sfoglia .
Punzecchiarla un po’ con la forchetta.
Fare uno strato di fette di patate, coprirlo con uno strato di fette di cipolla, poi uno di fette di melanzane. Aggiungere ora il tonno spezzettato, sopra mettere le fette di pomodoro, e poi le acciughe spezzettate, le olive e i capperi. Spargere le foglie di menta fresca sopra il tutto, condire con un filo d’olio. Salare e pepare. Poi infornare a 180° per circa 35-40 minuti.

mercoledì 3 giugno 2009

Street food, che passione!


Eh lo so, mi è venuta la fissa del cibo di strada, ma ieri, mentre ero qui che chiacchieravo di piadine e tamales, mi è venuta in mente questa ricettina, veloce veloce, ottima per uno spuntino rapido, come svuotafrigo ( le ricette mica si devono seguire sempre proprio alla lettera, no? ...sono solo un'idea, un invito alla creatività) e una vera meraviglia per il picnic.

Le tortillas messicane sono di almeno due tipi, di farina di frumento e di mais bianco.
Queste che vedete sono del super, eh, avevo fretta, le ho viste lì belle sorridenti...le ho comprate! ma di solito le faccio io, lo giuro! ed anzi, vi metto anche la ricettina per farvele, perchè è proprio una cosa da un minuto...o due.


Tortillas ripiene




12 tortillas (meglio di farina di mais)
6 carote
1 mazzo di insalatina
4 pomodori maturi, privati dei semi e sgocciolati
2 avocados
100g di pollo lesso o arrosto
maionese (meglio fatta in casa)




Scaldate una tortilla in una padella antiaderente, senza condimento, su entrambi i lati, a fuoco dolce, che si scaldi senza tostare.
Stendere la tortilla sulla pellicola per alimenti, spalmare un po' di maionese, distribuire al centro l'insalatina, e poi carote, avocado, pollo e pomodori ridotti a julienne. salare spruzzare un po' di succo di limone.
Chiudere bene la pellicola, arrotolando la tortilla. Formare le altre tortillas come la prima. Quando servite le tortillas, se siete ad un picnic, non eliminate completamente la pellicola, così nessuno rischierà di sporcarsi.


Per fare le tortillas in casa:


Ingredienti x 8 tortillas circa:
una tazza di farina di mais bianco (detta maseca...)
mezza tazza di acqua tiepida
un pizzico di sale
un cucchiaio di olio di mais

Per la proporzione farina: acqua è importante regolarsi soprattutto al tatto: quando l'impasto è morbido e si stacca bene dalle mani, allora va bene.

In un recipiente versare l'acqua tiepida sulla farina, un cucchiaio d'olio di mais per tazza di farina e un pizzico di sale. Impastare per qualche minuto fino ad ottenere una palla di impasto liscia, ma abbastanza morbida. Coprire il recipiente con un telo umido e lasciar riposare per una mezzora. Scaldate una piastra, o una padella antiaderente, su fuoco medio. Attendete che siano ben calde prima di cominciare.

Prendete una pallina d'impasto, mettetela su un foglio di pellicola, o carta forno, copritela con un altro foglio e poi pressatela, anche con un mattarello va bene, fino a ricavare la tortilla. (Se le volete belle rotonde, aiutatevi con un coperchio: lo appoggiate sull'impasto steso, poi incidete con il coltello lungo la circonferenza)
A questo punto mettete la vostra tortilla sulla piastra calda.
Le tortillas vanno girate dopo una trentina di secondi; si considera pronta semplicemente guardando il cambio di colore, e comunque sono sufficienti uno o due minuti. Di solito, alla terza girata inizia a gonfiarsi. E' pronta.
Per mantenerle calde, via via che le cucinate, mettetele in un cestino per il pane, rivestito da uno strofinaccio pulito.

martedì 2 giugno 2009

Il cibo di strada, la comunicazione e la pace.



Se c’è una cosa che mi piace da matti è il cibo di strada. Tutto. Dalla pizza alla farinata, dalle crocchette ai supplì, dai frisceu alla panissa, che è la stessa cosa, quasi, delle panelle siciliane. E poi che dire delle olive ascolane, degli sfincioni, dei cuculli di Sottoripa a Genova, e poi la piadina in Romagna, la nostra focaccia, col formaggio e non…. Ovunque si vada, il cibo di strada è gustoso, economico, comodo, allegro. In Italia, ma anche all’estero. Pensate ai fish and chips, agli hot dog, e poi alle falafel, al kebab, le samosa o il pakora mix in India, tamales o Empanadas in Sud America: in ogni angolo del mondo la gente ha, da sempre, mangiato per strada. E ne ha tramandato la cultura.
Il consumo del cibo di strada è un evento privato e pubblico insieme: ci cibiamo anche da soli, contrariamente a quando andiamo al ristorante, con parenti ed amici, e ne facciamo , nello stesso tempo, un evento pubblico, perché siamo in luoghi aperti agli altri, agli sguardi, ai sorrisi complici.
Si crea subito, tra i passanti, un’atmosfera di partecipazione, di condivisione, di confidenza. La cucina di strada è quindi comunicazione. E la comunicazione è l’antitesi dello scontro e della rivalità.
Ecco perché credo che le ordinanze che vietano il consumo di cibi di strada sono ostacoli all’idea stessa di comunicazione, di libertà e tradiscono proprio la storia antica e vera del nostro popolo, le sue origini, la sua cultura. Che è cultura di condivisione, accoglienza, comunicazione: pace.

E la ricetta di oggi va proprio in questo senso, perché ricorda nello stesso tempo gli “stecchi co’ pin” genovesi ed insieme il kebab maghrebino.

Spiedini di carne speziati.



400g carne d’agnello o vitello tritata
1 cipolla
4 spicchi d’aglio
1 pezzo di zenzero
1 ciuffo di coriandolo
1 limone
1 uovo
1 cucchiaino di curcuma
25g farina di ceci
olio di semi d’arachide
1 rametto di menta fresca
Sale

Tritate insieme l’aglio, lo zenzero, la cipolla, la menta, il coriandolo. Aggiungete al trito il sale, il succo di limone, la curcuma e poi la carne. Amalgamate e lasciate marinare per 3 ore in frigo. Incorporate al composto l’uovo e la farina di ceci.
Dopo aver inumidito la mano con l’acqua, applicate l’impasto ad uno spiedo ( se di legno, tenetelo a lungo a bagno preventivamente, perché non bruci in cottura). Spennellate d’olio gli spiedini così formati, adagiateli sulla placca del forno unta con olio d’arachide (io ho messo un foglio di carta forno, unto)
Cuocete a calore moderato per circa mezz’ora, rigirando e spennellando spesso gli spiedini con olio.
Servite caldo, con fette di limone, peperoncini verdi, riso basmati, chutney o composte piccanti (nella foto: chutney di mele e senape)

lunedì 1 giugno 2009

Sidonie, i gamberi e la vaniglia del Madagascar.



Stamattina ho trovato una sorpresa. Bellissima.
Il mio piccolo blog, in poco più di un mese, ha ricevuto un sacco di visite. Più di mille. Grazie. Mi sembra sempre un po’ esibizionista, un po’ immodesto, un po’ arrogante tediarvi con le mie “prove da cuoco”. Poi mi dico che, insomma, mica vi obbligo a venirmi a trovare..l’importante è che non metta su quell’arietta petulante da “so tutto io, vi dispenso la mia saggezza, ma proprio perché sono buona!”, che proprio quella, quando la incontro, la detesto. Insomma, stateci attenti voi, e in caso, ditemelo!
Oggi vi racconto di una Fiera e di gamberi e di vaniglia
Il bello di andare per fiere e sagre è la gente che incontri.
E qualche mese fa, alla Fiera Primavera, ho incontrato Sidonie. Che è una signora piccolina, morbida e molto francese. Anche se è del Madagascar.
A Sidonie piace chiacchierare, e non ha fatto altro, nella mezzora che abbiamo passato insieme, in piedi accanto al suo stand di spezie e oggetti , che inondarmi di ricette e racconti, nel suo francese rapidissimo e ammiccante, interrotto da risate luminose, che le prendevano tutto il viso e gli occhi e le mani veloci a sottolineare, a spiegare, ad aiutare la comprensione di un passaggio più complicato.
E una di quelle ricette è questa di oggi (la foto è proprio brutta, lo so , ma ho cucinato di sera, un po’ in fretta…), che può essere un antipasto, ma è deliziosa anche come un secondo piatto

I Gamberoni di Sidonie

Far soffriggere in burro un po’ di cipolla . Saltare i gamberoni (o scampi, mazzancolle, ecc) unire una bacca di vaniglia aperta, spruzzare con rum e flambare.
Unire un po’ di latte di cocco.
Salare e servire.