martedì 30 marzo 2010
Il picnic di Pasquetta: Cake agli asparagi selvatici.
La Melagranata è in trasferta! Stamattina sono arrivata a Napoli. Passerò qui una parte di queste vacanze. Ho solo il tempo, ora, di salutarvi, di lasciarvi una ricettina appetitosa per il prossimo lunedì ( ma voi lo fate il pic nic, si?), e corro fuori: la città mi aspetta, ed io non vedo l'ora! Ho un sacco di cose da vedere, da rivedere, da assaporare. Amiche da incontrare ..
Resta inteso, ovviamente, che poi vi racconterò tutto!!
A presto!
Cake agli asparagi selvatici.
180g farina 00
3 uova
3 cucchiai di parmigiano grattugiato
1 cipollotto
1 mazzo di asparagi selvatici ( o 200 g. circa di asparagi piccolini)
1 cucchiaio di foglioline di origano fresco ( o maggiorana, a piacere)
2 cucchiai di latte
2 cucchiai di panna fresca (o 2 di latte se preferite)
2 cucchiai d'olio evo + 2 per la padella.
1/2 bustina di lievito per torte salate
sale, pepe
Sbollentare gli asparagi per tre minuti in acqua bollente salata. Scolarli bene e tagliarli a pezzi, lasciandone intero qualcuno per la decorazione.
In una padella scaldare due cucchiai di olio, rosolare il cipollotto tritato, poi unire gli asparagi e qualche fogliolina tagliuzzata di origano fresco . Far stufare senza portare a termine la cottura.Salare e pepare. Lasciare intiepidire.
Sbattere le uova con il sale e il parmigiano. Unire la farina setacciata con il lievito, poi la panna e l'olio, sempre montando.
Unire il composto di asparagi, amalgamando bene, aggiungere le restanti foglioline di origano fresco e versare in uno stampo da plum cake di ca 20 cm. Decorare con gli asparagi tenuti da parte.
Infornare a forno caldo a 180° per circa 50 minuti.
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lunedì 29 marzo 2010
Pasqua. Corona di riso con trevisana, melanzane e polpettine di agnello alla menta.
Come mi piace andare a sfogliare le vecchie riviste di cucina! Ne ho una quantità pazzesca. Vi basti sapere che ho tutti i numeri degli ultimi dodici- quattordici anni delle quattro ( poi sei) più diffuse. Una valanga di ricette, foto, consigli, trucchi, che ci raccontano per come eravamo e per come siamo cambiati, in questi anni, a tavola.
Ieri mattina, con le figlie impegnate, una come segretaria di seggio elettorale (a proposito, avete votato? Beh, fatelo, avete ancora un po' di tempo!) e l'altra in gita con gli amici, mi sono divertita a rispolverare una ricetta trovata su A tavola del 1999, un piatto che avevo già fatto alcune volte e che ci era piaciuto moltissimo. Chissà se piacerà anche a voi? La preparazione è un po' lunga ed elaborata, ma è un piatto pasquale, un trionfo di sapori e profumi. Ne vale la pena!
Corona di riso con trevisana, melanzane e polpettine di agnello alla menta.
Ingredienti per 8 persone:
400g riso Carnaroli
1 cipollotto
60g di burro
1 bicchiere di vino bianco secco
2 bustine di zafferano
1l. circa di brodo
50g di parmigiano reggiano
2 melanzane (1/2 servirà per le polpettine)
2 cespi di radicchio tardivo di treviso
olio e.v.o.
sale
per le polpettine:
250g polpa di agnello tritata
1 tuorlo
1 scalogno tritato finemente
coriandolo in polvere, 1 pizzico
cumino in polvere, 1 pizzico
peperoncino in polvere, 1 pizzico
80g di pangrattato
olio e.v.o.
1 mazzetto di menta
sale e pepe
Tagliate a metà una melanzana nel senso della lunghezza, mettetene una parte su una piccola teglia, copritela con un foglio di alluminio e mettetela in forno a 180° per circa 20'.
Quando è tenera toglietela dal forno e lasciatela raffreddare.
Tagliate a cubetti la melanzana intera e la metà rimasta e friggetele in poco olio. Appena saranno ben dorate, scolatele e lasciatele riposare su carta da cucina.
Preparate le polpettine: con un cucchiaio raccogliete la polpa della melanzana cotta al forno ( non buttate la buccia...io l'ho divisa a metà per il lungo e l'ho usata per decorare) e frullatela. Riunitela con la carne d'agnello, le spezie, il tuorlo, lo scalogno tritato , 40g di pangrattato, foglie di menta tritate, sale e pepe. Impastate bene, formate delle piccole polpette, passatele nel restante pangrattato e fatele rosolare appena in padella con poco olio. Scolatele e fatele riposare su carta da cucina.
Tagliate a striscioline un cespo di radicchio, lavatelo, sgocciolatelo. Imburrate uno stampo ad anello, rivestitelo con alcune foglie dell'altro cespo di radicchio, precedentemente sbollentate in acqua bollente salata: io le ho alternate con le bucce della melanzana.
Preparate il risotto: Fate appassire il cipollotto tritato con 40g di burro, unite il riso, fatelo tostare, sfumate con il vino bianco e procedete nella cottura, aggiungendo brodo bollente.
A metà cottura unire lo zafferano sciolto in poco brodo e il radicchio preparato. A cottura ultimata, ma molto al dente, unite il Parmigiano e le melanzane fritte. Mescolate e versate il risotto nello stampo. Copritelo con un foglio di alluminio unto di burro.
Lavate le foglie di radicchio rimate, stendetele su una teglia rivestita di carta forno, irroratele con un filo d'olio e salatele. Appoggiatevi sopra le polpettine preparate.
Infornate in forno ben caldo, a 180°, lo stampo con il riso, che dovrà cuocere per 20minuti.
Dopo 10 minuti dall'entrata del riso in forno, infornate anche le polpettine.
Rovesciate la corona di riso in un largo piatto, disponete al centro il radicchio con le polpettine, decorate con foglioline di menta e servite.
Fatene pure una dose generosa, i vostri ospiti apprezzeranno! E se ve ne avanza un poco, meglio!
Riproponetelo per il picnic del Lunedi, come crocchette saporite ed incredibilmente profumate.
Unite semplicemente un uovo intero e un po' di parigiano. Formate delle grosse crocchette e friggetele in olio bollente, dorando bene la superficie. Per le polpettine: ripassatele semplicemente nel pangrattato e friggetele solo un minuto.
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primi;riso
sabato 27 marzo 2010
Spegni la luce: è Earth Hour!
Spegni la luce. Per un'ora.
Un'ora per la Terra.
Oggi tutto il mondo spegnerà la luce per sessanta minuti.
È l'Earth Hour, un'iniziativa del Wwf contro i cambiamenti climatici che attraversa il mondo in 25 diverse fasce orarie, dalle coste del Pacifico a quelle dell'Atlantico: si comincia alle 7.45, ora italiana, quando si sono spente le Chatham Islands, un piccolo arcipelago al largo delle coste neozelandesi, poi sarà la volta di Sydney, Pechino, Tokyo, Bangkok, Nuova Delhi, Mumbai, passando per Roma, Parigi, Atene, Madrid, Budapest, Copenaghen e finire a ovest con Rio de Janeiro, New York, San Francisco. L'ultima a spegnere la luce, sarà Las Vegas.
La campagna Earth Hour è alla sua quarta edizione: dal 2007, gli ecologisti di tutto il mondo spengono le luci per un'ora, dalle 20.30 alle 21.30, per richiamare l'attenzione sugli effetti dannosi del riscaldamento globale.
Possiamo utilizzare quest'ora per stare insieme in modo diverso, per passare un pò di tempo speciale con gli amici, per una cena a lume di candela, per un aperitivo a luci spente in un pub, insomma per 60 minuti con altri esseri umani. La mancanza di energia elettrica, stasera, non ci spingerà a star soli, ma a cercare gli altri.
Stasera spengiamo le luci per un'ora! Ma da domani spengiamo le luci quando usciamo dalle camere, disattiviamo gli apparecchi elettronici in stand-by, utilizziamo lampadine a basso consumo, programmiamo il riscaldamento ad un massimo di 20 gradi, il frigorifero a 6° e il congelatore a -18.
E proviamo a rinunciare alla macchina a volte, magari per una passeggiata o usando i mezzi pubblici.
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venerdì 26 marzo 2010
Cake di zucca, cipollotto e timo.
Pasquetta. Tempo di picnic.
Organizziamoci in tempo, con un cake dal colore del sole, morbido e profumato. Semplicissimo da fare, risolve una cena davanti alla tv, magari per seguire i risultati elettorali; un brunch rilassato e vacanziero; un pranzo informale e veloce.
La zucca è la mia passione: si trova ancora facilmente al mercato, ha un sapore morbido e delicato che piace anche ai bambini, ha un colore dorato che mette gioia.
Buon appetito.
Cake di zucca, cipollotto e timo.
200g farina 00 (se vi piace 130g farina 00 e 70 g farina mandorle)
3 uova
3 cucchiai di parmigiano grattugiato
2 cipollotti novelli
300 g. circa di zucca pulita
1 bel ciuffo di timo
2 cucchiai di latte
2 cucchiai d'olio evo + 2 per la padella
1/2 bustina di lievito per torte salate
sale, pepe
In una padella scaldare due cucchiai di olio, unire i cipollotti tritati e la zucca ridotta a piccolissimi dadi. Far rosolare, salare, pepare, aggiungere un poco di foglioline di timo e far stufare senza portare a termine la cottura. Far intiepidire.
Sbattere le uova con il sale e il parmigiano. Unire la farina setacciata con il lievito, poi il latte e l' olio, sempre montando.
Unire il composto di zucca, amalgamando bene, aggiungere qualche fogliolina di timo fresca e versare in uno stampo da plum cake di ca 20 cm.
Infornare a forno caldo a 180° per circa 50 minuti.
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giovedì 25 marzo 2010
Elogio della semplicità. Filetto d'orata alla ligure.
Sarà che è primavera, anche se la luce è bigia e le nubi sono gonfie e pesanti. Sarà che sono rallentata nei pensieri e nei movimenti da una torpida e piacevole sonnolente pigrizia. Sarà che ogni tanto c'è bisogno di cibi semplici e poco calorici.
Sarà che stamani al mercato c'erano queste due piccole orate freschissime e mi pareva brutto far finta di niente.
Così, arrivata a casa, ho tagliato qualche rametto profumato al timo che trionfa in terrazzo, ho preso qualche oliva taggiasca dal vaso in frigo, mi sono versata un bicchiere di buonissimo vino bianco della Riviera di Ponente, un Pigato d.o.c. e ho messo su un vecchio disco (sì sì, proprio un disco, non un cd) di Bessie Smith .
Il blues è perfetto in primavera.
Ho scaldato dell'olio in padella, ho fatto saltellare pigramente ( tutto pigro oggi!) uno spicchio d'aglio, ho unito le olive e una cucchiaiata di pinoli. Ho posato delicatamente i filetti d'orata dal lato della pelle, ho salato, ma non pepato. Voglio star leggera!
Ho bagnato con un poco di Pigato, ho cosparso con una pioggerella di foglioline di timo. Pochi minuti e il piatto è pronto.
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pesce
mercoledì 24 marzo 2010
Pane, amore e ...
Profumo di primavera, ricordo di domeniche in campagna, l'antico trenino a scartamento ridotto, la mano di papà, le ginestre fiorite.
Pane, salame, fave fresche, scaglie di parmigiano reggiano. Un morso di gioia.
Chi non ha mai fatto questi panini, corra ai ripari. Si fanno in fretta e sono facilissimi.
Panini semidolci (da una ricetta delle Sorelle Simili).
1 kg gr farina di forza
500 gr acqua circa
150 g olio evo
60 gr lievito di birra
40 gr zucchero (in origine 80)
15 gr sale
1 uovo per lucidare
Fare la fontana con la farina, mescolare tutti gli ingredienti e impastare energicamente per 10'-12'.
Formare due palle e metterle a lievitare coperte a campana, fino al raddoppio (circa un'ora).
Senza lavorare, arrotolare la pasta, formando un rotolo che dividerete in piccoli pezzi di ca 50 gr. Formare delle palline lisce, facendole ruotare sotto il palmo della mano.
Disporle su una teglia rivestita di carta forno, lucidarle con l'uovo battuto e mettere a lievitare per un'altra ora.
Scaldare il forno a 200-220° e cuocerli per 10'-12'. La parte superiore deve risultare ben dorata, mentre tutt'attorno deve rimanere bianca.
Farciteli a piacere. Qui fave piccolissime, salame di Felino, parmigiano reggiano.
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pane e lievitati
martedì 23 marzo 2010
Le stecche senza impasto.
Volevo fare questo pane da molto tempo, da quando l'avevo visto, la prima volta, sul blog di Sara
L'ho visto passare poi in vari blog e certo lo conoscerete già anche voi. Ma ve lo ripropongo, hai visto mai vi sia sfuggito, o ve lo siate dimenticato. Se è così, fatelo subito. Comodo a prepararsi: versate in un contenitore quattro ingredienti, mentre ascoltate il telegiornale della sera, girate un po' l'impasto e lo abbandonate lì al suo destino per tutta la notte; al mattino lo riprendete, lo scuotete un po' e lo lasciate ancora ad aspettarvi, mentre fate la doccia, vi prendete il caffè, telefonate alla mamma per darle il buongiorno; ritornate lì da lui, lo tagliate in quattro, lo stiracchiate un po' e lo ficcate nel forno caldo. E lui si tramuta in un pane profumato, croccante, delizioso.
Che volete di più dalla vita? (no, non rispondete a questa domanda, vi prego!)
Le stecche senza impasto.
per 4 stecche
farina forte 455 gr.
acqua fredda (12-18 gradiC) 350 gr.
sale 3 gr.
zucchero 3 gr.
lievito secco 1 gr.
olio di oliva, sale grosso, farina o crusca per spolverare
In una ciotola, mescolate farina, sale, zucchero e lievito. Unite l'acqua e mescolate, per non più di un minuto, con la mano o con un cucchiaio di legno finche' gli ingredienti sono appena amalgamati e formate una palla umida e appiccicosa. Coprite la ciotola con la pellicola e lasciate riposare a temperatura ambiente finche' l'impasto e' raddoppiato e la superficie e' coperta di bolle (12 - 18 ore circa).
Spolverate abbondantemente di farina la superficie di lavoro. Rovesciatevi sopra l'impasto, piegatelo su se stesso un paio di volte, poi formate una palla un po' appiattita, tenendo la piega sotto.
Mettete uno strofinaccio sul ripiano, cospargetelo di crusca o farina e posate sopra la pagnotta. Spennellate la superficie di olio di oliva e cospargetela di sale grosso. Se l'impasto e' appiccicoso, spolveratelo ancora con un po' di farina o crusca.
Richiudete sopra di esso il panno e lasciatelo lievitare ancora per una o due ore. Dovra' circa raddoppiare. L'impasto e' pronto quando, affondando un dito, mantiene l'impronta senza ritornare indietro.
Circa mezz'ora prima della fine della seconda lievitazione, scaldate il forno a 250. Rifasciate di carta forno una teglia di circa 30x45. Dividete l'impasto in 4 parti, e con delicatezza allungate ogni pezzo formando una stecca della lunghezza della teglia. Disponete le stecche parallelamente, distanziandole circa 1.5 cm l'una dall'altra. Spennellatele di olio e cospargetele ancora con del sale grosso.
Cuocete nel forno caldo per 15-25 minuti, finche' la crosta e' dorata. Fate riposare le stecche nella teglia ancora per 5 minuti, poi farle raffreddare completamente su una grata.
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pane e levitati
lunedì 22 marzo 2010
Colori. Taglierini al nero di seppia, marò di fave e spuma di baccalà.
Un altro primo piatto. Ed altri colori, lucidi e smaglianti.
E davvero oggi ne abbiamo bisogno, di colori. Con questo giornata che pare un bicchiere di alka seltzer, una nebbia che pare novembre nella bassa veronese, fitta fitta e pesante. La città è sparita, inghiottita nell'umidore lattiginoso.
Ma non era Primavera?
Un altro primo piatto, dunque. Una pasta nera e scintillante, fatta in casa, con la mia adorata impastatrice KW, e una salsa lucida, verde squillante, che però non è pesto. Anche se è pestata, e pure nel mortaio!
E' marò di fave. Un'antichissima preparazione, fatta di fave pestate nel mortaio, profumate da aglio e menta. Si mangiava d'inverno, come minestra, bollendo e poi pestando le fave secche, fino a ridurle in crema, mangiandole poi con un filo d'olio e fette di pane abbrustolito. Oppure con le fave fresche, come qui, pestate nel mortaio di marmo, con un accenno di aglio e molte foglioline di menta. Si può utilizzare anche come accompagnamento alle carni, ai formaggi.
Dicevo prima che è una ricetta antichissima della cucina povera di Liguria. Ma è presente anche in altre parti d'Italia, nella cucina tradizionale di Sicilia, ad esempio, con il nome di maccu, nella cucina pugliese, abbinato spesso alla cicoria, in quella sarda.
Ho pensato di dare carattere al piatto, ripassando la pasta in padella, con olio, aglio e pesto d'olive taggiasche e di unire una quenelle di baccalà mantecato.
Taglierini al nero di seppia, marò di fave e spuma di baccalà.
Per i taglierini:
300g farina
3 uova
1-2 vescichette di nero di seppia
sale, un pizzico
per condire:
olio e.v.o.
aglio, 1 spicchio
pesto di olive taggiasche, 2 cucchiai
per il marò:
fave fresche, 1kg da sbucciare
aglio, 1 spicchio
menta, 10-12 foglioline
olio e.v.o.
sale grosso
per il baccalà:
baccalà ammollato e pulito, 400g
olio e.v.o.
alloro, 1 foglia
odori, a piacere
Preparate i taglierini, impastando gli ingredienti, nell'impastatrice o a mano, e poi passandoli nell'apposito disco per taglierini o tirando la sfoglia e poi tagliando a coltello.
Per il marò:
Sgusciare le fave, poi sbucciarle con pazienza, eliminando la pellicina. Sfregare uno spicchio d'aglio sulle pareti del mortaio, riunire le fave con qualche grano di sale grosso e le foglie di menta e risurle in pesto. Unire olio evo , fino ad una consistenza cremosa. Se non avete il mortaio potete ovviamtne utilizzare il frullatore, con l'accortezza di non frullare a lungo,per non scaldare la preparazione: lo spicchio d'aglio, ridotto ad una metà, andrà allora unito al pesto.
Per il baccalà:
In una pentola d'acqua unite gli odori scelti, la fogliolina d'alloro e il baccalà, privato di pelle e lische. Fate cuocere una decina di minuti dall'ebollizione, poi sgocciolate il baccalà, frullatelo con olio evo e, se necessario, un cucchiaio di acqua di cottura.
In una padella scaldate 3 cucchiai di olio evo, unite uno spicchio d'aglio e fate dorare appena. Aggiungete due cucchiai di pesto di olive taggiasche, poi ripassate in questo intingolo i taglierini, che avrete lessato al dente.
Componete il piatto, ponendo al centro i taglierini, coprendo con il marò di fave e guarnendo con la spuma di baccalà e qualche fogliolina di menta fresca.
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primi; pasta
venerdì 19 marzo 2010
Il venerdì e il pranzo delle donne. Riso basmati con tartare di ricciola, salsa di avocado e cialda alle olive.
Il venerdì è la giornata del pranzo tra donne!
(Che a dir la verità, nella mia famiglia, pranzo e cena sono sempre "tra donne",visto che non ci sono mariti-padri nelle nostre vite).
Ma il venerdì di più!
Sole o pioggia, le mie ragazze ed io ci incontriamo in città e andiamo a pranzo in qualche trattoria del centro storico. Ogni volta una scoperta, di spazi, di cibo, di noi. Ci prendiamo una pausa da lavoro, scuola, stress, seccature; e troviamo un tempo più morbido, chiacchiere più serene, risate franche. Impariamo vicoli scuri e piazze spazzate dal vento, portali alti d'ardesia ed edicole secentesche in marmo, piccoli negozi di cornici ed antiche telerie, bric-a-brac confusi di lampade e statue, pentole e mortai, fiorai all'angolo, spacciatori incauti e trattorie centenarie.
Oggi è venerdi, e oggi abbiam portato anche la nonna al nostro pranzo di donne. I passi più lenti, le risate più forti.
Oggi è venerdi, e vi lascio una preparazione di pesce, reinterpretata da una ricetta dello chef Danilo Angé, proposta ad un corso di qualche anno fa. Là c'era del tonno rosso, che ho sostituito con un filetto di ricciola freschissimo.
Riso basmati con tartare di ricciola, salsa di avocado e cialda alle olive.
Ingredienti per 6 persone.
300g riso basmati
800g di filetto di ricciola ( o tonno, o spada, ecc.)
2 pomodori ramati
1 limone
1 mazzetto di finocchietto
1 mazzetto di maggiorana
1 foglia di alloro
olio evo
sale
pepe
per le cialde:
100g burro ammorbidito
100g olio evo
120g albumi
150 g farina 00
70 g olive taggiasche tagliate a dadini
per la salsa:
1 avocado ben maturo
1 limone
sale pepe
Preparate le cialde: riunite in una ciotola e mescolate bene tutti gli ingredienti. Stendete il composto a cucchiaiate, poi in strati sottilissimi, su un foglio di carta forno. Mettete in frigo per 15 minuti.
Cuocete poi in forno caldo, a 170°, per 5-6 minuti.
Preparate la salsa: sbucciate l'avocado, privatelo del nocciolo e frullatelo con il succo di limone, sale e pepe.
Lessate il riso basmati, in acqua salata, con la foglia d'alloro. Scolatelo ed allargatelo su una placca per farlo raffreddare.
Conditelo poi con olio, sale e pepe e maggiorana tritata.
Tagliate il pesce a cubetti molto piccoli, conditeli con olio, sale e pepe e finocchietto tritato.
Distribuite il riso nei piatti, dandogli forma con un anello d'acciaio. Unite il tonno, poi disponete i pomodori, spelati e tagliati a cubetti. Guarnite con una cialda alle olive e terminate con un ciuffetto di maggiorana.
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giovedì 18 marzo 2010
Son sbocciati i fiori! I Canestrelli!
Ho sempre adorato questi biscotti! Da piccola ne potevo mangiare quantità impressionanti, tanto, allora, non ingrassavo un etto! Mi piacevano per quella forma tenera di timidi fiorellini, per lo zucchero a velo che li ricopriva, come una magica polvere di fata, per il loro sciogliersi in bocca, friabili e golosi. Ne ho cercato per molto tempo una ricetta che mi soddisfacesse, che mi riportasse, come una madeleine di proustiana memoria, nella cucina della nonna, di fronte ad una tazza di caffelatte, a gustare quel sapore, a bearmi di quel profumo.
Eccola qui, mi pare di averla trovata...provate un po' se piace anche a voi!
I canestrelli:
farina, 300 g
burro morbido, 250 g
zucchero, 100g
uovo, 1
rum, 1 cucchiaio
limone, buccia grattugiata, 1 cucchiaino
Fare la fontana con la farina. Mettere al centro ed amalgamare il burro morbido con lo zucchero, mescolando bene. Unite poi il tuorlo d'uovo ( tenete l'albume da parte), il rum e la buccia di limone grattugiata.
Tenere in frigo a riposare per almeno 20 minuti.
Stendere poi in una sfoglia alta 1 cm e ritagliate i canestrelli con l'apposito stampino ( se non lo avete potete usare un bicchiere o un tagliapasta). Disponeteli mano amano su una teglia rifasciata di carta forno, spennellateli con l'albume leggermente montato ed infornate a 160° per circa 15-20 minuti. Non cuoceteli troppo e badate che non scuriscano!
P.S.1) Il rum, presente nell'antica ricetta, come "liquore", non è obbligatorio...ma voi mettetelo, è una delizia e conferisce un profumo eccellente.
P.S. 2) Gustatelo tiepido, con una buona tazza di té o di caffé, magari spolverato di zucchero a velo. Io non ne avevo in casa neppure più un cucchiaino, ma i canestrelli erano buonissimi lo stesso!!
P.S. 3) Le foto sono mie, e si vede! La fotografa domani ha interrogazione generale di storia, non può mica perder tempo con queste quisquilie, no? Abbiate pazienza, domani torna lei!
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mercoledì 17 marzo 2010
Morbida, ricca, soffice. Una crema speciale!
Cosa c'è in questi deliziosi vasetti?
Proviamo ad aprire?
No....ma che fate?? Non si può spalmare sul pane!! E no, non serve di accompagnamento a pesci o carni! No, no! Non è una lemon grass! E neppure un frappè!!Cos'è??? Non ci arriverete mai!!Eheheh!
E va bene, ve lo dico!
E' una crema, sì, ma di bellezza! Da usare ogni giorno sulle mani, ma anche sul viso. Per chi, come me, non sopporta più i prodotti, carissimi, di profumeria, che mi danno intolleranze varie, questa cremina è una mano santa! E' un tantino grassa, quindi va usata con parsimonia, stendendola sul viso alla sera, un po' prima di andare a letto, ed al mattino, un quarto d'ora prima di truccarsi ed uscire, in modo da farla ben penetrare.
Lascia la pelle liscia, idratata, morbida: in quindici giorni che la uso mi son sparite pure un po' di rughette!!! Il costo? Bassissimo! Utilizzate vasetti di vetro scuro o di ceramica, a chiusura ermetica. Preparatene piccole quantità per volta. Si conserva a temperatura ambiente.
Questa ricetta la devo a Patrizia B. del Forum della Cucina Italiana. Io l'ho solo arricchita un pochino!
Crema di bellezza.
20 g. cera vergine d'api
60 g. olio di mandorle dolci
20 g. acqua di rose
15 g. di burro di cacao
Sciogliere dolcemente in bagno maria tiepido la cera vergine, unire il burro di cacao, mescolando bene. Aggiungere a filo, sempre sul bagnomaria, l'olio di mandorle, noncessando mai di mescolare, e per ultima l'acqua di rose. Togliere dal fuoco e continuare a mescolare fino al raffreddamento. Invasare in vasetti piccoli e a chiusura ermetica.
Il burro di cacao è recuperabile nelle drogherie più fornite, nelle pasticcerie e presso le fabbriche di cioccolato.
martedì 16 marzo 2010
Pane casereccio delle Sorelle Simili.
Questa volta sono proprio soddisfatta! Il lavoro è un po' lungo, ma il risultato è stato davvero gratificante! Un pane morbido, soffice, dalla crosticina leggera, un'alveolatura minuta. E poi buono,buono, buono! Niente sapore acre di lievito, ma un aroma leggero e un gusto delizioso.
La prima fetta è sparita così, per assaggio, poi un'altra per la prova burro. Non sapete cos'è? Un poco di burro spalmato e via! Se passa questa prova il pane è davvero buonissimo..e questo l'ha passata alla grande...la prima pagnotta è già sparita...
Pane casereccio delle Sorelle Simili.
Primo lievito.
25 g lievito madre
50g di farina
25 g acqua
Fare una piccola fontana e sciogliervi al centro il lievito con l'acqua, impastare e lavorare a lungo. Fare una pallina e praticare un taglio a croce sulla superficie superiore che sarà utile per giudicare quando la pasta sarà lievitata (il taglio sarà aperto a fiore). Mettere la pasta in una tazza coperta vicino ad una fonte di calore. Riposerà dalle 3 alle 4 ore.
Secondo lievito.
il primo lievito
100g di farina
45g di acqua
procedere come per l'impasto precedente
Terzo lievito.
il secondo lievito
250g farina
120g di acqua
Procedere come per l'impasto precedente.
Quando saranno passate le 3-4 ore prevste per la lievitazione, potrete cominciare l'impasto vero e proprio.
Impasto finale.
il terzo lievito
800g di farina
400g di acqua, circa
80g di olio
20g di sale
Fare la fontana, mettete al centro gli ingredienti. Fate attenzione a sciogliere molto bene il lievito con l'acqua e impastate il tutto. L'impasto dovrà essere consistente.
Dividetelo in quattro pezzi, formando dei grossi barili. Fatelo lievitare per almeno 3-4 ore al caldo. Infornate a 220°, abbassate subito a 200° e cuocete per 10 minuti. Abbassate ancora a 180° e cuocete per altri 30-40 minuti. ( da Margherita e Valeria Simili, Pane e roba dolce, ed. Vallardi, pag.142 e seg.)
Prima di infornare io ho inciso profondamente i miei "barilotti", con una lama sottile, cosicché si aprissero cuocendo.
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lunedì 15 marzo 2010
Tagliatelle allo zafferano su salsa di zucca, con cime di rapa e mandorle.
Ieri c'era un sole splendente. Ne ho aprofittato per curare il mio terrazzo, intristito dal freddo e dalle nubi. Ho riportato al sole e all'aria i grandi vasi dei limoni, che avevano svernato in sala da pranzo, ho ripulito geranei e ciclamini, ho innaffiato le rose e legato i rami pieni di gemme e nuove foglioline. Ho chiacchierato un po' con le bouganville, quella storica, che mi ha accompagnato nei tre traslochi, e quelle "spagnole" reduci dall'Erasmus della figlia grande. Ho bagnato il gelsomino, che sopravvive alle mie cure sbadate da ben venticinque anni! Me lo sono proprio goduto, il sole di ieri. Una giornata bellissima, calda, primaverile, che aspettavamo da tempo! Ma visto che questo inverno sembra non voler andar via, ho messo il sole anche nel mio piatto, hai visto mai!!!
Avevo un sacchetto di tagliatelle allo zafferano, dono di un'amica affettuosa; in frigo una bella fetta di zucca e un ciuffo di cime di rapa freschissime.
Qualche mandorla, appena tostata, per dare croccantezza...
Tagliatelle allo zafferano su salsa di zucca, con cime di rapa e mandorle.
350g tagliatelle allo zafferano
400g zucca pulita
1 mazzo di cime di rapa
1 cipolla
1 spicchio d'aglio
2 acciughe sotto sale
1 bicchiere di vino bianco secco
1 peperoncino rosso ( facoltativo)
una manciata di mandorle
olio evo
burro
sale, pepe di mulinello
In una padella rosolare in olio e burro la cipolla tritata e la zucca, tagliata a pezzettini. Bagnare con poco vino bianco, coprire e lasciar stufare. Frullare,aggiungendo un po' di olio evo a crudo, poi salare e pepare. Tenere in caldo.
In un'altra padella scaldare qualche cucchiaio di olio evo, con uno spicchio d'aglio e un piccolo peperoncino rosso (se piace). Unire due acciughe ben dissalate e private della lisca, farle disfare completamente, poi unire le cime di rapa ben lavate. Farle saltare qualche minuto. Tenere in caldo. (non aggiungere sale, perchè le acciughe rilasceranno sufficiente sapidità)
Scaldare una piccola padella antiaderente, unire le mandorle tagliuzzate e far dorare appena. Tenere in caldo.
Lessare le tagliatelle, scolarle e ripassarle nella padella con il sughetto di aggiughe e cime di rapa..
Nel piatto disporre la salsa di zucca, al centro,allargando un poco con il dorso di un cucchiaio. Posizionare un nido di tagliatelle e cospargere con le mandorle.
Terminare con poco pepe di mulinello,
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primi; pasta
sabato 13 marzo 2010
Farmer's Market in riva al mare!
Da ieri Genova è più ricca. C'è un nuovo mercato, che si affaccia, con le sue tende gialle, i suoi prodotti genuini, i coltivatori che spiegano, offrono, chiacchierano.
Che io adori i mercati, ormai l'avete capito: sono luoghi di comunicazione, di contaminazione, di scambio di saperi e di parole.
Il Mercato dei Coltivatori, promosso dal Comune di Genova e dalla Coldiretti, si snoda sulla banchina della Vecchia Darsena,a Calata Vignolo, ai piedi del Galata, Museo del mare, sullo stesso molo che ospita, tutte le mattine, il mercatino dei pescatori.
Bellissima posizione, accanto a Piazza Caricamento, nel luogo storico degli antichi scambi, a due passi dell'Acquario.
Buona collocazione, ma ancora qualche difficoltà, mi dice Fulvio Ciccarelli, gentilissimo responsabile della Coldiretti: ci vorrebbero più servizi, acqua corrente e wc innanzi tutto, e magari una convenzione con il posteggio limitrofo, e noi queste richieste, che ci sembrano davvero sensate, le passiamo ben volentieri all'Amminisrazione cittadina.
Al Mercato, aperto tutti i venerdi dalle 10 alle 20, troverete prodotti delle valli Liguri, ma anche provenienti dalle aziende del Basso Piemonte.
Frutta, verdura, olio extra vergine di olive taggiasche del Ponente ligure, manufatti in ulivo, marmellate e conserve, dolci profumatissimi e genuini, fiori, formaggi e prodotti caseari, latte fresco alla spina, basilico di Celle Ligure, limoni, fagiolane.
Questi alcuni dei molti prodotti offerti direttamente dai coltivatori ai consumatori: una bella differenza! Una spesa davvero a KM 0, genuina, economicamente vantaggiosa.
Il nuovo Farmer's Market si affianca quindi ai mercatini del martedi in Largo Lanfranco, del giovedi in Via Cesarea, del sabato e domenica in Piazza Senarega, a quello mensile di Piazza Matteotti. Un buon modo di fare la spesa!E un posto bellissimo, la Vecchia Darsena, che ha ripreso con dignità il suo ruolo di crocevia di scambi e contatti.
Cosa ho comprato io?
E me lo chiedete? Praticamente di tutto! Torte, verdura, olio, limoni...e ho avuto una ricetta buonissima...poi magari ve la passo,eh??
venerdì 12 marzo 2010
99 colombe, anzi di più!
Che il 6 aprile dell'anno scorso un terrremoto abbia distrutto una delle città più belle del nostro Centro Italia, e moltissimi paesi d'Abruzzo, lo sappiamo tutti. Che attorno agli aiuti alla popolazione, intorno alla ricostruzione e alla gestione dell'emergenza ci siano ombre lunghe, affari loschi, interessi equivoci, lentezze inquietanti, omissioni vergognose..anche questo ci è noto. Ma n0n voglio oggi parlarvi di questo ( se volete andatevi a leggere questo interessantissimo blog)
Come spesso succede, dopo le emergenze, quando le luci mediatiche si spengono, ci sembra che tutto sia risolto. In Abruzzo no. L'economia della regione ha sofferto immensamente: chi ha ancora un'azienda, fatica a vendere. Sono soprattutto l'artigianato e le piccole aziende a soffrire.
Perché ve lo dico? Perché Lydia ed Artemisia hanno avviato un progetto a cui noi tutte possiamo partecipare.
Poche chiacchiere, solo un gesto semplice ed importante per aiutare una di queste piccole grandi realtà abruzzesi: l'Azienda Sorelle Nurzia, che produce torrone, pasticceria e, appunto, colombe pasquali.
Qual è il progetto? Semplice: per Pasqua, proviamo ad ordinare alle Sorelle Nurzia la nostra colomba, o i prodotti che desideriamo.
Lydia ed Artemisia hanno pensato anche ad un gioco: il 6 Aprile ognuna di noi pubblicherà sul suo blog ( e chi non ha blog sul Forum della Cucina italiana, su un blog ospitale, sul forum che si frequenta...) una ricetta che abbia come ingrediente un prodotto Sorelle Nurzia.
In quattro giorni Lydia ed Artemisia hanno saputo riunire attorno a questo progetto ben più delle 99 colombe previste, 99 come le cannelle della fontana dell'Aquila. E speriamo che il numero aumenti ancora.
E' stato aperto un blog "99 colombe"
su cui troverete informazioni, link utili, e dove potrete ordinare i prodotti.
Qui
e qui
tutte le informazioni e una lettera, forte, dignitosa e coraggiosa, che Artemisia ha ricevuto da Mara, responsabile dei progetti speciali dell'Azienda.
Sempre, ma mai come questa volta, la solidarietà è dolcissima!
Grissini.
La bimba sedeva al tavolo di formica rosso, dondolando le gambe, davanti alla ciotola del caffelatte. Fuori era ancora buio. La mamma preparava qualcosa, al lungo acquaio di marmo. Sulla panca del corridoio la cartella di scuola aspettava, pronta, accanto al cappottino di loden verde.
Il caffè brontolò nella moka. La mamma ne versò un poco nella tazzina e si sedette.
La bimba dondolava le gambe svogliata, il latte nella ciotola si intiepidiva. La mamma sorrise e "facciamo una magia". Spuntò le due cime di un lungo grissino "questo è per te" poi ne preparò un altro "e questo è il mio". "Facciamo che siamo due signore al mare" e intinse il grissino nel caffè " e questi sono i nostri aperitivi" La bimba sorrise, monella; intinse il grissino nel caffelatte e succhiò forte "buonissimo, signora! Il mio è un camparisoda e il suo?" il grissino si fece morbido e la bimba lo finì a piccoli morsi. Poi alzò gli occhi, tra due codini fermati con nastrini gialli, "un altro!" e tese la mano.
Mi è venuta in mente nitida questa scena, come se non fossero passati più di quarant'anni da quella cucina rossa con il frigidaire scritto proprio così sulla porta bianca e bombata.
Mi è venuta in mente quando ho sfornato i miei primi grissini con il LM, che peraltro vengono benissimo pure con il lievito di birra!Se poi voi non avete caffelatte, son buoni anche con una fettina di prosciutto!
La ricetta la devo a Flavia, che ha modificato quella delle mitiche sorelle Simili, che prevede, appunto, il lievito di birra.
I grissini sono profumati, croccanti, buonissimi. La prossima volta li farò aromatizzandoli con erbe, con olive, con il peperoncino!
L'esecuzione è facilissima. Il risultato garantito!
Ora vado a far colazione.Il caffè è caldo: facciamo che siamo.....
Grissini.
350g Lievito Madre (rinfrescato la sera prima e tenuto fuori frigo tutta la notte)
500g farina 00
230g acqua
15g sale
20g olio evo
malto, un cucchiaino
farina di semola di grano duro q.b. per spolverare
Ho fatto la fontatna con la farina, al centro ho messo tutti gli ingredienti ( tranne la semola)Ho impastato e battuto a lungo, con energia, per circa 10 minuti.L'impasto risulta non troppo morbido.
Ho fatto un filone e poi l'ho steso in un rettangolo di circa cm 45 x 10, curando di mantenere la forma rettangolare. L'ho posato su uno strato di farina di semola di grano duro, poi l'ho unto bene, anche i bordi, con olio evo e ho spolverato ancora la semola. Ho coperto a campana e lasciato lievitare un'ora e mezzo circa.
Con una spatola tagliente da pizza ( ma anche un coltello a lama alta va bene) ho tagliato dei bastoncini larghi un dito dal lato corto del rettangolo. Poi li ho presi uno ad uno, e li ho assottigliati, tirandoli leggermente, a partire dal centro verso l'esterno.
Li ho posati, leggermente distanziati, su una teglia, regolando lo spessore con le dita. (Non si possono reimpastare, quindi se vengono troppo lunghi, rispetto alla teglia, li taglierete e metterete i pezzetti così a cuocere.)
Li ho infornati subito, a 200° per circa 15-20 minuti
Se non avete il LM, questa è la ricetta originale delle Sorelle Simili, con Lievito di birra.
Ingredienti
500g farina 00
250-280 acqua
15g lievito di birra
8g di sale
50g olio evo
1 cucchiaino di malto d'orzo
farina di semola di grano duro
olio evo per pennellare
Il procedimento è lo stesso.
Il rettangolo sarà un poco più piccolo (ca. cm 30x10) e la lievitazione più breve (ca. 50-60 minuti).
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