domenica 3 maggio 2009

Viaggio in Sicilia

Prima parte

Bella, bellissima la Sicilia che ho rivisto dopo due anni … allora eravamo stati sulla costa orientale: Catania, Siracusa, Ragusa, Taormina, una puntata travolgente alla Valle dei Templi di Agrigento, attraversando immensi aranceti in fiore.
Quest’anno costa occidentale: base a Palermo e quotidiane escursioni.






E Palermo ci ha accolti con il suo fascino struggente di città aristocratica e sgretolata, rumorosa, nobile e graffiata.





La Vucciria mi ha disperatamente immalinconita: il mercato dove Guttuso trovava il fulgore e la violenza dei colori e riusciva a trasmettere sulla tela l’intensità dei suoni, delle grida, degli odori intensi, ora si è trasformato, spento, ingrigito in volti sfrontati ed amari. Le grida degli abbanniari risuonano solo al passo del turista curioso, in attesa delle lucette rivelatrici di videocamere in azione.





I banchi affollati di verdure, grondanti pesci , rigurgitanti sulle stradine strette e affollate, dove borse della spesa affardellano corpi sinuosi di donne, sono spariti, lasciando spazio a intrichi di tubi Innocenti, a ricostruzioni lasciate interrotte, a vicoli semivuoti, sfranti nell’ormai palese degrado.





E usciti dal dedalo di viuzze appassite e dimenticate nell’incuria, si viene sorpresi dall’opulenza , dalla magnificenza di un bello antico e sublime, di un sogno di grandezza e potenza che ancora sopravvive.




La Cattedrale, voluta dal vescovo Offamilio (forse Walter of the Mill, o più probabilmente Walter πρωτοφαμιλιάριος, cioè primo della famiglia, il primo ministro del re), nasce, non a caso, sulle spoglie di una grande moschea, ed è una affermazione del potere vescovile su quello del re, Guglielmo II, che aveva appena fatto costruire la “sua” Cattedrale in Monreale.

Poche città come Palermo hanno conservato tante testimonianze della cultura dei conquistatori: Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, Svevi, Francesi, Spagnoli….e nonostante la commistione delle culture, la città ha saputo conservare una sua identità, così, passeggiando per le strade della città, si è colpiti dal susseguirsi di testimonianze di civiltà differenti , fuse intimamente in un magico tessuto.





Nella piccola piazza San Francesco si apre un luogo di fascino e grande tradizione gastronomica






Qui si pranza ai tavolini dove si sono accomodati attori, politici, pittori, personalità della cultura internazionale, e si gustano piatti antichi e fragranti di aromi intensi: sfinciuni, panelle, pani c’a meusa, anellini alla siciliana




E poi un caffè da Spinnato




A cena, verso Mondello,





al Bye Bye Blues, forse il ristorante dove si mangia meglio in città:




Il giorno seguente il Mercato di Ballarò ci stordisce di colori, umori, odori intensi e suoni assordanti.



Qui il folklore lascia il posto al quotidiano, fatto di gente che spinge, che affolla, che sceglie e compra davvero. Qui lo spazio non c’è e tutto è affastellato ed esposto, gridato e offerto. I pesci odorano e vengono spruzzati d’acqua di mare, qui l’aglio è offerto con le abbaniate rabbiose, i pezzi di carne vengono aggrediti a un passo dalla tua mano e l’odore di milza che cuoce all’angolo, di bucce gettate nel canale di scolo, del gas della motoretta, con due ragazzetti a bordo, rigorosamente senza casco, che pretende di passare tra te e la signora con le sporte e il bambino in braccio, avvolge ogni fotogramma che ti si stampa nella nostalgia che già senti per questa città contraddittoria.


Lì a due passi, oltre via dell’Università, ti accoglie la bellezza silenziosa ed aristocratica della Martorana, sospesa su una Piazza Bellini che non riesce ad arrendersi al traffico alessandrino, alla fiumana di turisti accaldati e armati di bottigliette di plastica, agli sbracati cocchieri che attendono polli da spennare.



Ridiscendiamo verso i Quattro Canti







Poi, lungo Corso Vittorio Emanuele raggiungiamo Palazzo dei Normanni, che ci inebria con la bellezza eterna della sua Cappella, con la magnificenza preziosa e ineguagliabile dei suoi decori.




E domani il nostro viaggio continua.

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